“La Famiglia rappresenta il prisma attraverso cui considerare tutti i problemi sociali.” (San Giovanni Paoilo II)
Negli ultimi cinquant’anni l’aspettativa di vita media della popolazione ha subito profonde modificazioni ed il progressivo invecchiamento ha portato ad un aumento della prevalenza delle malattie cronico-degenerative, tra cui le demenze. La più frequente causa di demenza degenerativa è rappresentata dalla malattia di Alzheimer, una patologia che comporta un importante deterioramento cognitivo, funzionale, comportamentale e psicologico, con un forte impatto assistenziale che aumenta in base alla severità della stessa e che non riesce ad essere soddisfatto dal sistema di welfare. Il peso assistenziale va quindi a pesare significativamente sulla famiglia, che assume di conseguenza un ruolo fondamentale nell’esercitare la presa in carico.
l termine anglosassone “caregiver” definisce la figura che si prende cura di una persona malata, anziana o disabile, aiutandola nello svolgimento delle attività quotidiane e nella gestione della malattia (esami, visite mediche, terapie, ecc.), offrendole anche un importante sostegno di tipo emotivo.
Convenzionalmente, esistono due tipologie di caregiver:
• il ‘caregiver informale’: quasi sempre un familiare (di solito coniuge o figlio) o amico;
• il ‘caregiver formale’: qualsiasi persona che presta assistenza dietro il pagamento di un compenso.
Prendersi cura di una persona malata anziana non è semplice e assorbe molte energie a livello fisico e mentale, esponendo colui che “si prende cura” al rischio di sviluppare disagi. Spesso, infatti, necessità e bisogni del caregiver possono passare in secondo piano di fronte alla situazione del congiunto malato.
I “caregivers” dei pazienti con demenza rappresentano la grande maggioranza e sono in genere donne (74%) di cui: il 31% di età inferiore a 45 anni, il 38% di età compresa tra 46 e 60, il 18% tra 61 e 70 e il 13% oltre i 70 anni.
Nel caso in cui si tratti di una donna che lavora e con figli da accudire, alle responsabilità di cura verso il malato e allo stress emotivo si aggiungono l’impegno della famiglia e del lavoro e la difficoltà di conciliare le varie esigenze. Per rendere meno gravoso l’onere dell’assistenza, specialmente nelle fasi della malattia che richiedono un maggiore impegno, è consigliabile un’alternanza dei familiari non solo per offrire una maggiore tranquillità al paziente garantendo una copertura 24 ore su 24, ma anche per dare la possibilità al caregiver di evitare le eventuali conseguenze dello stress psico-fisico che si riverserebbero sul piano sociale e sulla qualità della vita.
La flessibilità delle figure che ruotano intorno al malato sono importanti per evitare il rischio che il caregiver si trascuri, sviluppando problematiche come stanchezza, ansia, insonnia, depressione, isolamento sociale, deterioramento della salute fisica e vada incontro anche a difficoltà economiche e diminuzione del tempo da dedicare ai propri bisogni e ad altri ruoli familiari e professionali.
Chi si trova nella condizione di assistere un proprio caro può, quindi, incontrare molti momenti di difficoltà in quanto l’impegno è spesso difficile e gravoso e non mancheranno momenti di “stanchezza”.
Il termine burden esprime la ricaduta complessiva sulle esigenze sociali, fisiche, psicologiche ed economiche nel fornire assistenza: è essenziale determinare il livello, il tipo e la causa del burden, per ottimizzare tutti gli interventi volti a ridurlo.
Un aspetto fondamentale in un contesto assistenziale è anche il concetto di empatia, intesa come la capacità di comprendere lo stato d’animo e la situazione emotiva di un’altra persona. Per poter esercitare al meglio la funzione di accudimento, chi si prende cura del paziente non deve dimenticare le proprie esigenze personali, al fine di non provare eccessiva frustrazione, tensione, risentimento e mantenere livelli ottimali di empatia con l’assistito.
L’associazione americana National Family Caregivers Association ha elencato alcuni consigli per i caregivers:
1) Non permettere che la malattia del tuo caro sia costantemente al centro della tua attenzione.
2) Rispettati ed apprezzati. Stai svolgendo un compito molto impegnativo e hai diritto a trovare spazi e momenti di svago.
3) Vigila sulla comparsa di sintomi di depressione.
4) Accetta l’aiuto di altre persone, che possono svolgere specifici compiti in tua vece.
5) Impara il più possibile sulla patologia del tuo caro: conoscere aiuta.
6) Difendi i tuoi diritti come persona e come cittadino.
Il costo psicologico (burden) della disponibilità quotidiana del caregiver verso l’assistito è spesso molto elevato e i caregiver dovrebbero essere sostenuti e protetti, non solo nel loro stesso interesse, ma anche in quello degli assistiti.
I caregiver, quindi, necessitano di supporto nell’instaurare e mantenere una buona relazione d’aiuto con il proprio caro, tenendo presenti anche i meccanismi non consapevoli che spesso interagiscono in tale relazione. In relazione al rapporto tra caregiver e assistito, il sentimento di valore dell’altro (empatia) rende il caregiver meno esposto alla tentazione di agire in maniera negativa, dannosa per la persona accudita. E’ importante sostenere chi sostiene durante tutto il corso della malattia con l’obiettivo di delineare le problematiche emotive, socio-relazionali, logistiche e fisiche che il caregiver si trova ad affrontare, al fine di migliorare il suo equilibrio psico-fisico.
Pensare ad interventi sanitari, psico-sociali e di sostegno per i caregiver diventa, quindi, di fondamentale importanza.
AU: Tania Torresi